Runt e Shrimp Head

THE KILLER di John Woo (1989)

The KillerLa firma prima dell’opera. Quando vedi svolazzare delle colombe, magari in una chiesa , non puoi avere dubbi: è un un film di John Woo. Prima degli stilemi visivi, prima ancora della storia, per l’autore di Hong Kong forse più famoso, viene la firma. Adottata quella, si può procedere col resto.

The Killer arriva all’apice del lavoro in madrepatria, dopo successi come A Better Tomorrow I e II. Di là a poco John Woo avrebbe ottenuto la sua chance, sfruttata appieno, di lavorare a Hollywood firmando successi clamorosi come Face/Off o Mission Impossible II. The Killer racchiude i più classici topoi del genere, dosandoli sapientemente in una miscela davvero esplosiva. In buon ordine possiamo individuare la storia del sicario in cerca di redenzione che, dopo avere ferito gravemente una donna, se ne innamora perdutamente. Lo stesso sicario decide di compiere il fatidico ultimo lavoro nel tentativo di costruirsi una vita diversa con la donna amata. Un lavoro che si rivelerà dannatamente ostico. In più aggiungiamo la storia del detective che sta dando la caccia al suddetto killer, scontrandosi con i superiori per la sua testardaggine. Una rivalità che passa dal rispetto reciproco all’amicizia, nella migliore tradizione hard-boiled. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per un piatto che può essere considerato come l’epitome per eccellenza del genere. In The Killer ritrovi Heat e Carlito’s Way fusi assieme. Michael Mann e Brian De Palma ci hanno fatto due film però. Potremmo applicare alla pellicola di John Woo la celeberrima massima di Umberto Eco su Casablanca: «Due cliché fanno ridere, cento commuovono». E aggiungiamo che John Woo aggiunge del suo con un’ inventiva da togliersi il cappello.

Basti pensare alla sapienza con cui vengono utilizzati dei personaggi totalmente secondari per fini squisitamente narrativi. In una scena di inseguimento una bambina viene ferita accidentalmente. Il sicario non ha cuore di abbandonarla e la porta in ospedale. Questo è il momento in cui il poliziotto lo vede in volto per la prima volta, esponendolo al pericolo. I due incrociano le armi per la prima volta, mentre i dottori stanno operando la bambina.

Ma The Killer è una continua sorpresa. Prendiamo il secondo confronto tra il sicario e il detective. Siamo all’interno dell’appartamento della donna per la quale il criminale – interpretato da Chow Yun-Fat – ha perso la testa. Il poliziotto si è intrufolato fingendo di essere un amico del sicario e, una volta raggiunto da quest’ultimo, ha inizio un geniale gioco di equilibrio  per nascondere la loro vera identità alla donna che, particolare non trascurabile, è cieca. Questa scena di suspense si regge su un doppio binario: fisico e dialettico. Fisico perché entrambi si puntano addosso le armi e devono gestire nel contempo i tentativi della donna di fare la buona padrona di casa, vedi scena del the. Dialettico perché nel frattempo si costruiscono una storia di amicizia appunto per nascondere i loro veri propositi. Runt e Shrimp Head sono i nomignoli che si affibbiano in una vagheggiata infanzia trascorsa assieme. Va da sé, finiranno per diventare davvero amici, conducendo l’impensabile coppia a spalleggiarsi in una scena finale da spellarsi le mani. Ralenti, azione al cardiopalma e oggetti altamente infiammabili sono elementi imprescindibili in una scena diretta da John Woo. Le colombe, ovviamente, firmano il capolavoro.

Appunti di viaggio:

  1. —> Il titolo dell’articolo prende ispirazione dal film Made in Hong Kong di Fruit Chan del 1997. Un piccolo gioiello indipendente che racconta la formazione di un giovane criminale nel contesto – inedito – di una Hong Kong di periferia senza futuro e totalmente disperata.
  1. —> Considerato i film citati è innegabile che Hong Kong abbia precorso i tempi, almeno dal punto di vista del genere.